,

I colori dello Spirito 2023

Mi arriva su WhatsApp: “Ah, comunque mi sono scordata di chiederti se ti andava di scrivere due parole sui colori dello spirito, così mettiamo l’articolo sul sito”. Ho aspettato un po’ ad aprire il messaggio anche se riuscivo a leggerlo già tutto in anteprima; la verità è che sapevo di non poter dire di no, e neanche volevo (dire di no), ma certamente non è facile riassumere in poche righe la disordinata bellezza e la semplice gratitudine con cui sono scesa dal Monte dopo quattro giorni così ricchi.

I colori dello spirito sono diversi e ciascuno porta di sé quella sfumatura necessaria per rendere bello l’intero. Come parti dell’umano che costituiscono un corpo, come voci che si uniscono in un coro, così anche noi, unici e diversi, siamo stati chiamati a vivere per prima cosa la Fraternità. La parola sembra impegnativa ma in questi giorni nulla è stato più facile del sentirsi accolto dall’altro con delicatezza, ascoltato con cura, e custodito con rispetto; davvero lo Spirito ha illuminato il colore della fraternità, sia tra quelli di noi che si conoscevano già sia tra coloro che si incontravano per la prima volta.

Così, impregnati della gioia che genera il vivere insieme all’Altro, abbiamo condiviso anche il colore del Servizio. Riaprire una casa dopo l’inverno comporta diversi lavori ma forse su questi è meglio sorvolare, per non rovinare la sorpresa a chi vorrà partecipare il prossimo anno. Basti sapere che non c’è niente di infattibile, soprattutto se si ha una buona aspirapolvere, una salda scala e numerose pause merenda. E poi, dopotutto, anche pulire e fare ordine è un bel dono, specialmente se cogliamo l’opportunità di farlo fuori e dentro di noi!

E poi la bellezza autentica che ci parla di Lui! Il tappeto di fiori che ci ha accolto al nostro arrivo, i profumi che uscivano dalla cucina quando delle mani gentili cucinavano per noi, la vista del Santuario della Verna tutte le volte che alzavamo il naso all’insù; proprio tutto ci richiamava a riconoscere il bello attorno a noi, a dire Grazie, e così, anche il colore della Preghiera si tingeva in modo davvero naturale. I momenti e i luoghi pensati per aiutarci a so-stare sulla Parola hanno poi fatto la differenza. Condivido solo un brevissimo spunto, da noi ascoltato in una silenziosissima cappella delle Stimmate, con la speranza che chi legge si incuriosisca un po’ e magari si unisca a noi nel chiedersi da chi e da cosa lasciamo che la nostra vita sia segnata.

“Signore Gesù, non ti chiedo le stigmate di Francesco. Tu sai sono debole, fragile, piccola [..] non saprei portarle. Ti chiedo però in-segnami il tuo nome. In-segnami con il tuo nome. In-segnami perché porti il tuo nome.”

(Sr Diana Presepi).

Eleonora

Scelti, benedetti, spezzati, dati

19 ragazzi dell’Alta squadriglia del gruppo scout Cesena1, 6 capi, 2 cambusieri, 3 giorni di triduo pasquale e 1 città stupenda: Assisi!!! Un mix perfetto per prepararsi alla Pasqua, un mix perfetto per riscoprirsi scelti, benedetti, spezzati e amati!!!

Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”.  (Mt 26,26)

Prende, benedice, spezza e dà il pane come il suo corpo, ogni giorno nell’eucarestia. Quattro azioni e un unico mistero, quello della vita di Gesù. Queste le quattro parole che ci hanno accompagnato a vivere il triduo ad Assisi nella città di Francesco. Quattro parole che abbiamo ritrovato nella sua vita e nella nostra.

Presi, o meglio scelti, come Francesco chiamato a riparare la casa del Signore, la Chiesa, e non solo quella di san Damiano ma quella nel cuore dei credenti, il corpo vivo di Cristo. Ma anche noi siamo scelti, da Dio, attraverso il battesimo, in modo unico e personale, scelti per far parte della chiesa, della famiglia umana. Un amore completamente gratuito che mentre sceglie non esclude nessuno, anzi, amplifica cuore e mente!

Benedetti, cioè confermati nel bene! Francesco ha vissuto la conferma nel bene quando il Signore gli ha mandato dei fratelli. È nelle relazioni che scopriamo e viviamo il bene. Sono i fratelli e le sorelle che ci dicono la nostra preziosità, il nostro essere benedetti, il nostro essere amati. Siamo lo specchio gli uni degli altri, uno specchio da solo non può far vedere nulla ma se ha davanti un altro specchio può riflettere la bellezza che lo abita.

Spezzati, cioè crepati, fragili, bucati…. Chi non ha fratture? Chi non ha mai sentito l’insicurezza, l’abbandono, la solitudine, l’esclusione, il giudizio, il rifiuto, il dolore…. Gesù il venerdì santo si lascia spezzare, trafiggere, bucare, crepare. La vita ha tanti sapori: dolce, amaro, piccante, acido, salato! Attraverso ognuno di essi la grazia diventa luce, bene, amore. Come succede nell’incontro con il lebbroso, ciò che era amaro è diventato dolce!

Dati, dati al mondo per diventare semi di amore, semi di bene. Gesù scende nel silenzio del sepolcro, i discepoli attendono insieme nel cenacolo, Francesco chiede di essere steso nudo sulla terra nuda per morire. Come il seme che fra gli altri semi e nel silenzio della terra cresce e diventa un albero che dà frutti. E come ci ricorda Francesco: “Nulla di voi trattenete per voi perché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre”.

Scelti per ricevere la benedizione,

benedetti per scoprirsi spezzati,

spezzati per essere dati,

dati per sentirsi amati.

Slide thumbnail
,

Sulle strade del Mozambico, ampliando gli orizzonti

Atterrati in Mozambico la prima cosa che salta subito all’occhio è l’orizzonte che si apre attorno a noi: sterminato, senza confini, costellato solamente di monumenti naturali. Per l’occhio occidentale è qualcosa di totalmente fuori dal quotidiano. I nostri occhi sono abituati alle skyline cittadine: profili di palazzi, case, industrie, monumenti; tutte opere create dall’estro umano. Per i più fortunati queste si possono alternare a qualche meraviglia della natura: monti, colli, vulcani, laghi, vaste pianure, il blu del mare e quello che il nostro bellissimo territorio può offrire. Ma la cosa che più colpisce, lasciato alle spalle il piccolo aeroporto della capitale mozambicana, è l’infinito incontaminato; nessuna traccia dell’uomo, solo natura. Un orizzonte che si amplia per il nostro occhio non abituato a spingersi tanto lontano.

Siamo Margherita e Filippo due giovani sposi cesenati. Il 17 marzo, accompagnati dalla guida di suor Daniela, siamo partiti alla volta del Mozambico per conoscere la missione delle suore della Sacra Famiglia in Charre, piccolo villaggio situato nel nord del paese, quasi al confine con il Malawi. Il desiderio di questo viaggio nasce dalla curiosità nei confronti di questa terra e dalla volontà di sperimentarsi nel servizio lontano dai nostri schemi dandoci l’occasione di verificare le scelte fatte fino ad oggi. Viaggiando sulla terra rossa del Mozambico due sono le cose che ci colpiscono: il popolo mozambicano è un popolo in cammino, le persone camminano; non si capisce bene da dove vengano e nemmeno dove stiano andando perché all’orizzonte ci sono solo baobab e campi di mais. Questa è la seconda cosa che ci colpisce: l’orizzonte che sembra non finire mai, un orizzonte sempre più ampio. Ma non è solo l’orizzonte che si è ampliato, anche gli spazi e i tempi: le città, i paesi e i villaggi sono separati tra loro da ampi spazi inabitati; per percorrere poco più di 400 chilometri è necessaria una giornata di macchina.

Arrivati a Charre, nonostante il lungo e impegnativo viaggio, non ci serve più nulla, non abbiamo bisogno di nulla: siamo giunti a casa! Siamo a chilometri di distanza dall’Italia, nella savana, non parliamo la lingua di questo popolo e capiamo solo qualche parola di ciò che dicono eppure ci sentiamo a casa. Ci sentiamo accolti, desiderati e voluti bene dalle suore che ci aspettano a braccia aperte e con la tavola apparecchiata; dalle ragazze dell’internato che sulla soglia ci attendono per darci il benvenuto tra canti, danze e petali di fiori; pure il geco in camera appostato sopra i nostri letti sembra aspettare il nostro arrivo. Nel giro di qualche giorno ci rendiamo conto che l’accoglienza non è solamente una virtù di chi vive la missione, ma è insita nel popolo che abita il villaggio che la circonda. I bambini che non appena hanno saputo dell’arrivo degli “azungu” (termine del dialetto locale per indicare i bianchi di pelle) si avvicinano incuriositi e desiderosi di stare con noi a giocare. Le ragazze che per comunicare con noi, affascinate dai suoni strani delle parole in italiano, vengono e con disegni o indicando oggetti attorno a noi ci insegnano le prime parole in portoghese. I parrocchiani che per darci il benvenuto sono venuti ad offrirci i loro beni più grandi: farina, mais, galline e anatre. E la cosa che più ci sconvolge è proprio questa: pur possedendo poco o niente, pur vivendo o di sussistenza o con i pochi soldi che il lavoro può dare questo popolo ha tanto desiderato la nostra presenza che non si è posto limiti nel donarsi per accoglierci.

Nel mese trascorso in Mozambico abbiamo avuto la possibilità di conoscere e visitare diverse comunità di missionari: francescani, saveriani, orsoline… tante comunità distribuite sul territorio mozambicano. Qui, condividendo con loro la tavola, la preghiera e il servizio respiriamo che la Chiesa è casa anche a migliaia di chilometri di distanza dal luogo in cui viviamo. Qui sperimentiamo che la Chiesa è un’unica grande famiglia capace di mettere insieme uomini e donne tanto diversi, ma sotto quella croce tutti fratelli. L’orizzonte nuovo che si apre difronte a noi è questo: qui dove le necessità si spingono fino ai bisogni primari per vivere non c’è spazio per cadere in contrasti o in dinamiche di prevalenza; qui le comunità di missionari hanno bisogno di supportarsi a vicenda nel concorrere al bene. Qui la Chiesa è un unico corpo, che seppur con tutti i limiti dell’essere umano, è in grado di far collaborare tutte le sue diverse membra.

Siamo partiti per il Mozambico con una grande curiosità: ma cosa fanno le suore della Sacra Famiglia in questa terra così abbandonata e isolata dal resto del mondo? Sono varie e disparate le attività che fanno le suore in Charre, cercando di rispondere ai bisogni che il territorio che le circonda manifesta: l’internato per le ragazze che frequentano la scuola secondaria, dando in questo modo la possibilità a chi abita distante dalla scuola di avere un luogo familiare dove vivere nei pressi di essa; la scuolina, ovvero un rinforzo scolastico per i bambini che frequentano le prime classi della scuola primaria per fare in modo che gli insegnamenti appresi durante le lezioni non cadano nel vuoto e che questi bimbi possano imparare quantomeno il portoghese; o ancora la distribuzione del latte in polvere alle donne che non possono darne ai loro bambini. Queste sono solo alcune delle attività svolte, ma la cosa che più ci è rimasta nel cuore è come stanno in quel luogo. Sì, perché prima di tutto le tre sorelle stanno. Ed è proprio nel loro stare, non solo fatto di grandi opere, ma anche di silenzi e semplice presenza, che portano la bellezza e la possibilità di un futuro diverso per quei bambini, per quelle ragazze e per tutte le persone che con loro vengono in contatto. Alla domanda che prima di partire ci ponevamo ci siamo dati questa risposta: sono lì, anzi stanno lì, per donare uno sguardo diverso, per ampliare l’orizzonte a tutte le persone che loro incontrano.

Margherita e Filippo

,

Grazie Francesco!!!

Sguardi, sorrisi, parole, lacrime, presenza, dialogo, preghiera….queste sono alcune delle parole che potrebbero descrivere l’accoglienza di questa estate a La Verna.
Sono stati tre mesi continui di incontro con anime alla ricerca di riposo, spensieratezza e dialogo. Quante storie ascoltate e portate nella preghiera, quanto bene e parole di bellezza per quello che facciamo abbiamo ricevuto. Accogliere significa proprio RICEVERE PRESSO DI SE’ tutte queste cose.
Grazie a tutte le persone che sono passate anche solo per un saluto, a chi ha “poggiato il proprio capo” per qualche giorno o settimana, a chi ha prestato un po’ del suo tempo per fare servizio…è un arrivederci alla prossima estate!!!!

Seguendo passi audaci

Dal 17 al 19 giugno ho avuto modo di partecipare alla bella esperienza: “Seguendo passi audaci”, tre giorni di cammino da Rocca San Casciano a Modigliana, accompagnati da riflessioni, preghiera, fraternità e preziosi incontri insieme alle suore Francescane della Sacra Famiglia.

E’ stato un bel momento di condivisone ed accoglienza e fin da subito si è creato un buon clima di fraternità. Durante l’esperienza abbiamo ricevuto il regalo di ascoltare la testimonianza di vita di Tito, un babbo che ha perso un figlio a causa di un tumore; di Tito mi ha colpito la sua forza, il suo coraggio, il modo amorevole con cui è stato vicino al figlio e la sua grande fede.

Seguendo passi audaci abbiamo attraversato paesaggi stupendi pieni di colore e profumi; la bellezza della natura mi ha fatto riflettere sui doni gratuiti che Dio ci fa ogni giorno, sulla meraviglia delle piccole cose e sull’importanza del saper ringraziare. Con gli occhi pieni di stupore siamo poi tornati nella nostra quotidianità pronti per compiere passi audaci nella vita di tutti i giorni che possano lasciare un segno indelebile nelle nostre vite.

CATECHISMO IN FESTA!

Padre Igino un aiutino!

Così comincia il nostro pomeriggio di festa di fine catechismo quando  durante la preparazione abbiamo perso il tappo della scatola dei chiodi, che ovviamente abbiamo trovato subito.

Poi, però, non è finita lì! Pare che invocato, ci abbia dato una GRANDE     MANO perché i numerosi ragazzi di catechismo hanno giocato con grande partecipazione e gioia lamentandosi solo del fatto che quell’ora è passata troppo in fretta…..

Molto entusiasmo anche nella preghiera assieme ai genitori “capitanata” da don Michele Morandi ed animata dalla nostra “coach” suor Anto. Canti, preghiere, doni-simbolo:

il Vangelo che illumina, guida e orienta i passi del nostro cammino e  ci aiuta e conoscere e crescere nell’Amicizia con Gesù;

un mazzo di fiori di diversi colori e profumi, che ricordano la bellezza e la ricchezza della nostra diversità, ma anche l’appartenenza ad un’unica famiglia….

Un cero acceso, simbolo di Cristo che illumina le nostre vite e  ci           chiama ad essere Luce per il mondo.

La preghiera si chiude con il canto “Ecco il nostro Sì” che abbiamo  imparato in occasione del recital di Natale, e che può benissimo essere il nostro “programma di vita di ogni giorno”. I ragazzi la cantano con tanto entusiasmo e perfino don Michele ne è rimasto stupito!

Da parte sua don Michele ci ha ricordato:

1) che la Fede è un dono che qualcuno ci trasmette: i genitori, i nonni, le famiglie, la Chiesa (raccontando brevemente anche la sua esperienza personale con la nonna quando era bambino).

2) Un dono da custodire e approfondire per conoscere sempre meglio Gesù

3) Testimoniare con la nostra vita, la gioia di camminare insieme.  

Questo incontro è stato coronato dal gran finale della Cena conviviale, PARTECIPATISSIMA!! (oltre cento persone) a base di piadina e salsiccia: un successone!!!

Un bellissimo pomeriggio di fraternità tra ragazzi, genitori e catechisti….

Bello finire così perché……. ci lascia il desiderio di ritrovarci dopo la più che meritata pausa  estiva…..

ARRIVEDERCI ALLORA!!

Buone vacanze!

Pace e bene a tutti!

Rita Capirossi (catechista)

 

 

I COLORI DELLO SPIRITO 2022

L’esperienza alla Verna è stata come un momento di pausa dalla vita di tutti i giorni e dal mondo che ci circonda: è stato bello vivere in un posto isolato, “esterno” da tutto.

Spesso eravamo solo noi, e anche al Santuario incontravamo al massimo i turisti e i frati e le suore che abitano lì, perciò era tutto molto tranquillo.

Abbiamo trascorso molti momenti come gruppo, che per noi sono stati davvero belli. Abbiamo condiviso molto di noi gli uni con gli altri, anche nel servizio che abbiamo svolto insieme per preparare la casa all’accoglienza di gruppi e pellegrini abbiamo trovato un’occasione per divertirci, parlare e conoscerci.

Abbiamo vissuto momenti di preghiera comunitaria e di silenzio e riflessione personali: momenti che sono serviti per scavare dentro di noi, per cercare un dialogo diretto con Dio e immergerci di più nella nostra fede e nel nostro cammino. Questo è più difficile nella vita di tutti i giorni, mentre alla Verna, abitando quasi un mondo a parte (ricco della bellezza di sorella natura e della spiritualità e ricchezza del santuario), risulta molto più semplice, facendoci anche aprire gli occhi su questioni che solitamente facciamo fatica ad affrontare.

I 4 giorni a La Verna (dal 22 al 25 aprile) hanno assolutamente superato ogni nostra aspettativa: abbiamo lavorato tanto, pregato tanto, riso tanto, vissuto tanto…

Abbiamo conosciuto persone fantastiche e ci siamo divertiti assieme.

In conclusione, l’esperienza ci ha arricchito molto e, con la speranza di portare questa ricchezza nel nostro quotidiano, non vediamo l’ora di ripeterla, rivedere volti ormai amici e conoscere persone nuove.

Chiara (21 anni, di Faenza) e Francesco (19 anni, di Villachiaviche)

CERCATORI DI BELLEZZA….A MONTETAURO

Sabato 19 marzo come gruppo diocesano giovani “Cercatori di bellezza” siamo partiti alla volta di Rimini, più precisamente Montetauro, da Cesena per visitare e conoscere una realtà particolare, con la P maiuscola, e a noi ancora ignota: la comunità della piccola famiglia dell’Assunta, in cui consacrate e consacrati hanno deciso di vivere insieme accogliendo e aiutando le persone più in difficoltà, come persone con disabilità più o meno grave e ragazzi con disturbi di vario genere, considerandoli figli come in una famiglia.

Appena arrivati e un po’ titubanti sul come avremmo trascorso la giornata, siamo stati accolti da tre consacrate che ci hanno raccontato il loro incontro e rapporto con Gesù e i motivi che le hanno spinte a scegliere questo stile di vita, come frutto della loro vocazione, e don Lanfranco, cappellano della comunità, che negli anni ’70 ha fatto parte di quel gruppo di giovani da cui “tutto ebbe inizio”, mossi da un solo perché: conoscere di più Gesù, pregarlo, adorarlo, vivendo tutti insieme nella stessa casa, inizialmente vecchia e trasandata che poi hanno fatto rifiorire. Questo mi ha stupito molto e suscitato ammirazione e un sentimento genuino di bellezza nel pensare a dei ragazzi con interessi e lavori diversi, che potevano “godersi la vita” senza pensare tanto agli altri e che invece hanno scelto di cercare di più, di vedere più in là, oltre.

Sorriso, Tenerezza, Stupore, Serenità, Sentirsi a casa sono solo alcune delle parole che, ricordando l’esperienza vissuta, mi giungono subito alla mente.

Abbiamo incontrato anche alcuni loro “figli”, tra i quali ricordo Silvano, un ragazzo che non parla ma sente e comprende tutto, e Graziano. Quest’ultimo ha dodici anni, è in sedie a rotelle, non vede se non la luce, non parla ma interagisce solo con versi, si rasserena quando è all’aria aperta. Mi è rimasta impressa una scena, che secondo me rappresenta appieno la Bellezza fraterna: una delle consacrate, che abbiamo conosciuto e che ha avuto il dono di avere questo bambino come “figlio”, per calmarlo in un momento in cui era agitato, gli sussurrava all’orecchio parole accarezzandogli la guancia con la propria con una tenerezza disarmante e un tale amore tale da farmi commuovere.

Il paesaggio collinare e il luogo stesso, molto ben curato, in cui questa comunità vive, il silenzio, l’armonia della natura circostante contribuiscono a far stare a loro agio le persone accolte, come lo siamo stati noi, e alimentano un senso ancora maggiore di spiritualità e Bellezza della Vita.

(Lucia, 22 anni, Case Finali di Cesena)

CONVIVENZA DONNE 2022

“Ecco io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5)

Prima di tutto, che cos’è la convivenza donne? Ogni anno, il seminario diocesano di Faenza apre le sue porte ad un gruppo di ragazze desiderose di vivere un’esperienza di vita comunitaria all’insegna della condivisione, della scoperta di sé e della propria vocazione. Quest’anno, dall’1 al 7 aprile, questa possibilità è stata offerta anche a noi: un gruppo di una ventina di ragazze che si sono conosciute e accompagnate nella quotidianità, affrontando il tema proposto dalle nostre guide: la pace.

L’urgenza di questo tema è sotto gli occhi di tutti: la pace deve essere la nostra priorità e dobbiamo sentirci personalmente coinvolti nel compito di esserne costruttori.

Nel riconoscere la nostra responsabilità e per andare a fondo è necessario fare un passo indietro e partire da un’altro punto di vista: il conflitto. Alcuni conflitti sono più evidenti di altri, ma ognuno di noi, ogni giorno, ne affronta di piccoli e di grandi, con le altre persone o dentro di sé. Così abbiamo iniziato scoprendo i conflitti: i nostri, quelli del mondo, da cosa nascono e a cosa ci portano, in un viaggio costruttivo attraverso il dialogo con gli altri e con Dio.

In questo viaggio siamo state accompagnate da tanti testimoni: alcuni che hanno affrontato il conflitto con azioni concrete, forzati dal periodo storico in cui si trovavano; altri che, per la professione che svolgono, quotidianamente tentano di aiutare il prossimo ad attraversare i suoi conflitti e a trovare un po’ di pace. Ma soprattutto, siamo state testimoni l’una per l’altra ognuna con le proprie sfide, mostrando, a volte con fatica, le nostre fragilità e accogliendo quelle delle nostre compagne in un rapporto di reciproco ascolto.

Non sono certo mancati momenti dedicati alla preghiera: infatti, pur riconoscendo la nostra responsabilità come costruttori di pace, abbiamo riconosciuto anche il nostro limite umano. Da soli non possiamo risolvere i conflitti nostri e del mondo, dobbiamo sapere di essere piccoli e affidarci ad un Altro che saprà avere cura di noi e del nostro prossimo. Ed è proprio in questa ottica che abbiamo cercato di vivere la preghiera: un’occasione di dialogo con un Dio che ci ama, ci ascolta e, se anche noi siamo disposti ad ascoltarlo, ci parla.

Ed è così dunque che abbiamo vissuto una settimana assieme a persone molto diverse da noi, per età e scelte di vita, ma con il desiderio comune di incontrare volti nuovi, ascoltare, e approfondire la fede attraverso la condivisione di fatiche e fragilità, che non si sono annullate come per magia, ma che hanno acquisito un senso nuovo.

Ringraziamo per averci guidate in questo percorso Suor Nadia, Alice, Michela e Don Mattia.

,

#ParoladiVita

Hai mangiato? Rispondimi, c’è in gioco la tua vita. È una questione di vitale importanza. Te lo richiedo: hai mangiato? “Io sono il pane della vita…” Gv 6,48-58.

Nessuna risposta, silenzio. Attenzione, è quando non parli che inizi ad ascoltare. E quand’è che non parli? Quando mangio. Niente, hai ceduto. Più ascolti, più mangi; più mangi ascolti. Mt 13,12: “Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha”. Dannazione è un loop! E cosa c’è che non va in un loop? È eterno, non finisce mai…è fastidioso. Dipende con che logica lo guardi. Mc 8,35: “Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Non ti dimenticare di mangiare. Angela

Chiunque potrebbe chiedersi: perché una persona dovrebbe decidere di fare gli “esercizi spirituali” in un week end, dopo una settimana di lavoro/studio intenso, piuttosto che svagarsi con amici?

Sicuramente è una scelta controcorrente ma consapevole. Decidere di prendersi del tempo di qualità per stare cuore a cuore con La Parola di Dio.

Questi giorni per me sono stati l’occasione per riprendere in mano la mia vita, un momento per fare discernimento e capire in quale direzione procedere; ma soprattutto è stata La conferma di come esperienze di questo tipo siano regali preziosi che ogni tanto fa bene farsi, per fare spazio a un amore immeritato che continua a bussare inesorabile alla porta del nostro cuore e aspetta solo il nostro “Sì” per entrare.

Come scrive Tony Drazza :

“Poi ci sono domande

che si possono fare solo da vicino,

quando senti qualcosa nel cuore,

quando hai visto una luce particolare

negli occhi, quando hai avvertito

nell’aria qualcosa di grande.

Non tutto si può chiedere a tutti.

Bisogna trovare parole e luoghi

per le tenerezze.

Ma tutto questo non ci preserva dalla

lontananza perché non basta rispondere bene

occorre custodire le parole dette.”

Ho avvertito “qualcosa di grande” e volevo raccontarlo.

Carolina