Gesù e il discepolo amato: chiamate ad avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, siamo in ascolto del Suo cuore che ama sempre, per primo, tutti, per collaborare al Suo progetto di salvezza.
Al Getsemani: alla sequela di Cristo che imparò l’obbedienza dalle cose che patì (Eb 5,8), fino alla morte, la più ignominiosa e crudele, siamo chiamate a vivere anche noi l’abbandono alla volontà del Padre, per condividere con Gesù il ministero della Sua Pasqua.
Ss. Trinità: generati da Dio, figli nel Figlio, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, siamo inserite nel circolo di amore della Trinità.
La Sacra Famiglia: convocate nel nome del Signore, la nostra vita fraterna è caratterizzata da uno stile familiare di pace, frutto della comunione tra le sorelle, di unione, avendo un cuor solo e un’anima sola, e di concordia portando avanti insieme il progetto di salvezza che il Padre ci ha affidato in Cristo, unico Redentore del mondo.
Cristo Redentore e Salvatore:
“questo è il disegno del Padre, fare di Cristo il cuore del mondo”.
“Nessuno ha un amore più grande di Colui che dà la vita per i suoi fratelli”
Noi ai piedi della croce:
contempliamo il sommo e unico Bene, l’amato Crocifisso e risorto che ci indica la strada dell’amore, amandoci e spingendoci ad offrire la vita, come Lui.
Dopo aver messo testa e cuore sul petto di Gesù, siamo mandate a proclamare l’amore di Dio per l’uomo, in modo particolare alla gioventù, con la testimonianza e il servizio nella vita quotidiana, chi con la catechesi e l’evangelizzazione, coltivando la nostra vena contempl-attiva.

I “padri di famiglia” a La Verna
Le nostre motivazioni sono svariate: semplice curiosità, interrogazione, situazione difficile, tappa personale, bisogno di senso, intenzioni da portare, ma anche voglia di condividere o di ringraziare, di silenzio, di convivialità, di natura…
Anche le nostre situazioni personali sono diversificate: sposati, divorziati, vedovi, single in coppia, ma tutti figli e padri, ognuno a modo suo. Le nostre convinzioni spirituali vanno dal quasi niente al quasi tutto: non battezzati, lontani dalla Chiesa o resistenti, ma anche cattolici convinti e praticanti. E per tutti una relazione da iniziare, creare, esplorare o sviluppare con Dio.
La nostra presenza oggi in questi luoghi porta già in sé la testimonianza della Sua chiamata e della Sua presenza. Egli ci raccoglie insieme, Egli ci chiama, chiunque noi siamo e a qualunque punto siamo arrivati.
Ad immagine di San Giuseppe, durante questi giorni veglieremo fraternamente gli uni sugli altri, senza giudizio, nel rispetto della verità e del cammino di ognuno.
Questo cammino sarà a nostra immagine: delle volte sorridente e pieno di sole, altre volte triste e difficile. Ogni tanto sereno e fiducioso, e ogni tanto preoccupato e agitato. Sui sentieri degli appennini che custodiscono le tracce di San Francesco, percorreremo i sentieri della nostra vita, le vie della nostra relazione con Dio.
E al termine raggiungeremo La Verna, questo luogo di Dio, scelto da Lui per manifestare al mondo la potenza del suo amore per San Francesco. Prima che lì ci accolga, possiamo da subito girarci verso di Lui. Con benevolenza protegga i nostri passi e accompagni i nostri pensieri, i nostri incontri e le nostre
preghiere durante questi tre giorni.
Le nostre motivazioni sono svariate: semplice curiosità, interrogazione, situazione difficile, tappa personale, bisogno di senso, intenzioni da portare, ma anche voglia di condividere opreghiere durante questi tre giorni.
Viaggio a Charre
Provo a rispondere al difficile compito di descrivere l’impatto dell’esperienza di volontariato a Charre attraverso i versi della canzone “L’ultimo spettacolo” di Roberto Vecchioni. Recita così: «Li vidi ad uno ad uno mentre aprivano la mano e mi mostravano la sorte come a dire “noi scegliamo!
Non c’è un dio che sia più forte” e l’ombra nera che passò ridendo ripeteva “no”». Mentre ascoltavo queste parole, sul treno di ritorno da Mutarara a Beira, pensavo ai bambini di Charre con cui avevo condiviso tre settimane. Ancora oggi, a distanza di tempo, ascoltando quelle parole, vorrei tornare tra loro, tra la criança di Charre.
Penso che questi versi siano la chiave per spiegare l’impatto di questo viaggio. Mi identifico pienamente con il primo verso della canzone: anch’io ho visto quei bambini aprirsi con fiducia.
Erano pieni di speranza e di desideri, seppur lucidi circa le loro condizioni di vita. Penso in particolare a Mingo, un bambino di dieci anni che il giorno prima che partissi mi ha preso per mano e si è alzato in punta di piedi per sussurrarmi all’orecchio: “Nenda nathu”, che in lingua sena significa “voglio venire con te”. Credetemi, queste parole non sono semplicemente il frutto di un legame affettivo, ma riflettono la lucida consapevolezza di una realtà diversa a cui tutti aspirano: l’Europa. Per molti di loro, però, destinati a trascorrere il resto della loro vita tra un tetto di paglia sorretto da mattoni di fango e un campo da coltivare, l’Europa rimarrà un sogno inaccessibile.
L’ombra che offusca i desideri di Mingo e di tutti gli altri è, come suggerisce Vecchioni, simile ad un’ombra nera che si staglia sulla loro vita. Non importa definirla in termini precipui, possiamo chiamarla destino, sorte, fortuna oppure caso. È importante, invece, capire che questa ombra nera condiziona le loro opportunità e aspirazioni sin dalla nascita, semplicemente perché sono nati in Mozambico e non altrove. Il nocciolo dell’insegnamento che ho portato a casa da questo viaggio sta in questo, e cioè nel fatto che a nessuno è data la facoltà di scegliere dove nascere, eppure il luogo di nascita influisce in modo significativo sulle condizioni e le aspettative di vita di ciascuno. E proprio perché si tratta di un evento arbitrario, sarebbe assurdo parlare di “colpa”. Nessuno ha “colpa” di nascere in Mozambico, così come nessuno “merita” di nascere in Europa. Però, bisogna riconoscere che chi ha la fortuna di nascere in Europa detiene un grande privilegio. Infatti, né io né Mingo abbiamo scelto dove nascere, eppure questa circostanza arbitraria determina drasticamente le nostre vite. Inoltre, penso che la consapevolezza di questo privilegio porta con sé una responsabilità importante. E proprio questa responsabilità, e non l’istinto colonizzatore degli occidentali descritto da Kipling, è il fardello che grava sugli uomini e le donne provenienti dai paesi più sviluppati.
Per concludere, il viaggio a Charre mi ha insegnato che la vera ricchezza sta nella condivisione e nell’aiuto reciproco, e che il privilegio comporta una responsabilità sociale verso coloro che, per un capriccio del destino, non godono delle stesse opportunità.
JMJ a Lisbona
Un gruppo di giovani Santarcangiolesi insieme a don Davide, don Ugo e suor Nadia ha partecipato alla JMJ a Lisbona percorrendo un tratto del cammino Portoghese di Santiago. Esperienza ricchissima sia nella prima parte di cammino che nella seconda di incontro con il Papa, la Chiesa, i giovani di tutto il mondo, vogliamo condividerla attraverso le immagini e il racconto di qualcuna/o di loro.
Abbastanza addormentati ma carichi pensando a quello a cui saremmo andati incontro, sabato 29 luglio, festeggiando il compleanno di un ragazzo che era con noi, siamo partiti per Santiago. Il giorno dopo abbiamo iniziato il cammino. Con la sveglia mattutina prima dell’alba che ci faceva camminare in città addormentate, dove alle volte era necessaria una torcia per vedere, si creava un’atmosfera davvero suggestiva. Si alternavano momenti di riflessione personale, chiacchiere, condivisioni, canti e a metà mattina c’era la prima pausa ufficiale, che offriva nuovi argomenti a cui pensare. Ogni giorno infatti c’era un personaggio biblico che ci accompagnava proponendoci un modo diverso di alzarci e fare qualcosa: Samuele per rispondere alla nostra vocazione, Paolo per lasciarsi guidare, Giuditta per farsi strumento nelle mani di Dio, una donna adultera per essere perdonata, Elia per andare incontro a Dio. Così anche noi abbiamo cercato di capire quando nella nostra vita ci siamo rialzati, come l’abbiamo fatto e abbiamo provato a scorgere la presenza di Dio accanto a noi. Conoscendo sempre di più chi avevamo vicino e confrontandoci, arrivavamo ogni giorno alla fine della tappa con i piedi doloranti, bisogni di un massaggio, a volte con le bolle, ma custodendo nel cuore sempre nuovi doni.
Il nostro programma prevedeva 5 giorni di cammino al contrario, in direzione di Lisbona, e gli ultimi tre alla JMJ. Il cammino portoghese in realtà inizia a Lisbona che era per noi la meta. Così venerdì dopo un tragitto in pullman e treno, siamo passati dall’essere in 21 e camminare in tranquillità, alla via Crucis della JMJ con una folla incalcolabile e un caos considerevole. Era impressionante e meraviglioso essere circondati da giovani che come noi si erano alzati per andare incontro a Dio. La via Crucis è stata semplice, arricchita dai ballerini e da alcune storie che testimoniavano quanto Dio si faccia vicino a noi soprattutto nel momento della prova e anche se sbagliamo. Poco prima della JMJ infatti il papa stesso ci aveva detto: “Anche se sbagliate, Dio è pazzo d’amore per voi!” e ci ha portato le prove di ciò.
Sabato dopo una bellissima festa nella parrocchia in cui abbiamo dormito, ci siamo diretti nel campo in cui saremmo rimasti fino al giorno successivo. Nonostante sapessimo in quanti fossimo, era impossibile comprenderlo, ovunque ci girassimo c’erano giovani in festa. Abbiamo ascoltato qualche storia ed era straordinario il sorriso di tutte le persone che avevamo intorno.
Quella sera c’è stata la veglia, dove il Papa ha affermato che nella vita si cade, l’importante è sapersi rialzare e se vediamo qualcuno che è “rimasto caduto” dobbiamo aiutarlo a rialzarsi. Infatti è lecito guardare qualcuno dall’alto al basso solo se è per aiutarlo a rialzarsi. Alla fine del suo discorso Francesco ci ha dato coraggio ricordandoci che nella vita tutto ha un costo, solo una cosa è completamente gratuita: l’amore di Gesù. Con questa speranza è iniziato un momento di adorazione. È stato da brividi, tutti inginocchiati verso il palco ad affidare a Dio la propria vita, con la certezza di essere amati.
Dopo la notte, con un’alba splendida ci siamo alzati e preparati per la messa. Il papa ha definito le tre azioni che devono essere presenti nella nostra vita: brillare, ascoltare e non temere. Infatti brilliamo quando amiamo come Gesù ci ha insegnato, per farlo però è fondamentale ascoltare la Sua parola, questo è il segreto, e infine non dobbiamo avere paura. Gesù lo ripete continuamente perché sa che è una nostra fragilità, ma ci garantisce che Lui è sempre con noi, dunque non dobbiamo temere.
La sera stessa eravamo a casa, stanchi ma arricchiti di esperienze, emozioni, testimonianze. Ci è stato donato così tanto in così poco tempo che probabilmente ci metteremo un po’ per capire quanto abbiamo ricevuto. Per ora possiamo ringraziare e vivere cercando di far entrare almeno un po’ di quanto ci è stato donato nella nostra vita quotidiana. (Elisabetta)
La parola più adatta che userei per descrivere quest’esperienza è: grande.
Con il gruppo abbiamo deciso di dividere questa GMG in due fasi, ovvero un pezzo del cammino di Santiago e poi Lisbona.
La prima fase è stata propedeutica alla seconda, in quanto è stato anche grazie al tempo di riflessione e di solitudine che abbiamo passato durante il cammino che siamo riusciti a viverci a pieno la giornata mondiale dei giovani a Lisbona. Infatti passare di punto in bianco da essere 21 ad essere 1 milione e mezzo è un gran bel cambiamento, un salto che destabilizza inevitabilmente.
Personalmente è stato però un salto bellissimo, in quanto prima ho potuto fare un’analisi interiore e poi ho potuto applicare le mie scoperte al “mondo intero”.
A Lisbona ho vissuto l’emozione più grande della mia vita, ovvero sentirmi parte di qualcosa per davvero. Essere circondata da persone come te, che anche se parlate due lingue diverse ti comprendono è una sensazione grande. Sentirsi compresi e felici come non lo si è mai stati penso che sia l’emozione più bella che si possa provare. Sentirsi per la prima volta nella propria vita non soli, che non si è soli a lottare contro il mondo.
Per me è stato questo: una cosa grande, sia a livello concreto ovvero di numeri, persone, ecc… sia a livello emotivo, l’emozione più grande che si possa provare, la gioia.
Sono tornata a casa così colma di emozioni che tuttora non sono riuscita ad elaborare davvero tutto quello che ho provato, sentito e compreso.
L’unica cosa di cui sono sicura è che la mia anima e la mia fede sono cambiate, si sono evolute, e ho capito che la mia fede non è solo una parte di me, ma la base su cui poi costruire la mia vita.
Ho capito che è la cosa che mi rende felice e che non sono la sola a provare un’emozione simile a 21 anni. Perché, diciamocela tutta, al giorno d’oggi essere credenti è l’eccezione non la regola, soprattutto a quest’età.
Spero di poter vivere altre giornate della gioventù e spero di non essere la sola a cui la GMG ha cambiato la vita in meglio. (Anna)
Rileggevo gli appunti scritti di getto per tutto il viaggio. Sono tutte piccole pillole slegate che mi aprono enormi sensazioni e mi ricordano della ricchezza di spunti che mi ha offerto questo cammino con meta Lisbona.
Sí, un viaggio, perché noi abbiamo vissuto una Gmg speciale, arrivando a Lisbona il 4 agosto, ma iniziando il cammino insieme a Santiago. Dal 28 luglio, abbiamo proceduto lungo il cammino portoghese, a ritroso (“de regreso” rispondevamo a tutti i pellegreni che ci osservavano sconcertati). Un percorso scandito dalle difficoltà di trovare un passo e un ritmo comune in 20 e delle pressanti aspettative che automaticamente mi ero generato con l’idea di Gmg. Niente è stato come le aspettative. Il clima generato da 20 ragazzi in cammino non può che essere diametralmente opposto a quello della caotica Lisbona. Tuttavia, ci stavamo effettivamente preparando alla condivisione e all’ascolto. Prima di tutto l’ascolto di noi e delle nostre esperienza che quotidianamente i ragazzi del “gruppo spirituale” hanno collegato a un brano di Vangelo, rendendo noi ascoltatori accettori e custodi di un pezzo della loro vita. Sono state storie di speranza, certo ci hanno raccontato le loro cadute, ma ci hanno raccontato soprattutto la voglia di rialzarsi, ci hanno trasmesso la forza della consapevolezza della presenza di Dio e la Sua viva azione nei loro vissuti, che è riuscita a dargli lo slancio per rialzarsi. A riprendere tutte questo voci è stato proprio il papa nella veglia: l’importante non è non cadere, bensì non rimanere per terra.
La continuità tra il cammino e la meta si è invece spezzata nello scenario: dalla fresca e silenziosa Galizia alla calda e frenetica Lisbona. La prima suggestione portoghese non poteva che essere lo spettacolo multicolorato delle bandiere, delle maglie e dei volti dei tanti ragazzi che affollavano la stazione. Quell’immagine in cui le bandiere e le culture di tutto il mondo si incontrano e sono segni di comune appartenenza a un mistero più grande e non ragione di conflitto penso sia il più grande dono che ho ricevuto prima di entrare nel campo. Perché è vero rimarranno in me la via Crucis, l’accoglienza dei portoghesi ad Azabuja e la lunga marea umana che si dirigeva ai settori, ma dentro al parco Tejo l’atmosfera non puo che sconvolgere chi vi entra. Il senso di unità con migliaia di giovani da tutto il mondo mi ha riempito profondamente l’anima, così come la loro gioia. Nelle chiacchiere, negli scambi ho sempre sentito una vicinanza incredibile a tutte le persone a cui anche solo battevo il cinque. Ritrovarsi alle 3 con portoghesi, tedeschi, italiani e polacchi a ballare in cerchio, tra migliaia di ragazzi che dormivano sull’asfalto, contando il tempo in 4 lingue diverse è stata l’immediata realizzazione del miracolo che stava succedendo in quel luogo. Miracolo che si è realmente concretizzato quando tutti questi ragazzi con la nostra instancabile allegria abbiamo fatto silenzio per la veglia e la messa. Ho ritrovato il senso di quel raduno, che non è stato solo un’enorme bolgia rintronante, ma una spinta a credere e vivere questa fede con tanti ragazzi che hanno altrettanta gioia da condividere. (Samuele)
La GMG di Lisbona è stata la mia prima GMG. Non nego di essere partita un po’ titubante ma tornata a casa posso dire che ne è davvero valsa la pena. Sono stati giorni ricchi di risate ed emozioni che mi porterò per sempre nel cuore. La cosa che più mi rimarrà impressa però sarà quel milione e mezzo di giovani provenienti da tutto il mondo per ascoltare le parole del Papa. Giovani che mi hanno fatto capire davvero che quello in cui credo non può che non essere vero e che la Chiesa è una realtà molto più grande e viva di quello che si pensi al giorno d’oggi. I momenti più belli di quelle giornate sono stati, a mio parere, quelli di preghiera e soprattutto la Veglia di sabato sera. Del discorso del Papa ciò che più mi ha colpito è stata la parte relativa alla “gioia missionaria”; sapere che anche io posso fare del bene agli altri ed essere una radice di gioia per qualcuno mi ha fatto sentire di poter fare la differenza anche solo con piccoli gesti. (Aurora)
Durante il cammino di Santiago ho avuto l’occasione di riflettere molto sugli spunti che ci sono stati offerti. Inoltre grazie alle condivisioni ho potuto anche scoprire il punto di vista altrui.
Durante le tre giornate in cui realmente abbiamo partecipato alla GMG, con tanti altri giovani provenienti da tutte le parti del mondo, mi sono divertito molto.
Per me la cosa bella della GMG oltre alla via crucis, la veglia e la messa con il papa è stato vedere che così tante persone erano lì per il tuo stesso motivo. (Davide Z.)