4. Maria, madre della fraternità

Fratelli tutti – Capitolo terzo – Pensare e generare un mondo aperto (87-127)

La logica del Regno, il modo di pensare di Dio, di Gesù, quello al quale Gesù chiede ai suoi discepoli di convertirsi, è proprio piuttosto lontano dal nostro modo di pensare. Eppure Gesù oggi ci dice:” A voi è stato dato il mistero del regno di Dio”, cioè a voi è stata data la possibilità di entrare dentro il pensiero di Dio, addirittura il cuore di Dio, il suo modo di amare. Come un seme la sua Parola nei nostri cuori può essere germe )di un modo di guardare la vita, di vivere la vita, che il mondo “non conosce e non può conoscere” (Cfr Gv 14,7) ma, che a noi è stato donato di vivere.

Nel terzo capitolo della FT, nella conclusione di questo capitolo, scrive papa Francesco: “Senza dubbio si tratta di un’altra logica. Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasia” (FT 127). Si tratta della logica che sta alla base del “pensare e generare un mondo aperto”. E il mondo aperto, per Papa Francesco, ma lo possiamo dire, per il Vangelo, è il mondo dove si possa vivere, tutti da fratelli. Tutti: questa sottolineatura è molto importante. Il percorso che Papa Francesco ci propone per vivere il Vangelo è quello da fare per giungere a “sentirsi fratelli di tutti” (cfr FT 286) come dirà a conclusione del documento.

Partiamo da una constatazione, della quale non sempre sembriamo tanto consapevoli: “Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza se non attraverso un dono sincero di sé” (FT 87). Io non sono felice, diremmo forse un po’ sbrigativamente, ma in un modo efficace, se prendo per me … io sono felice se mi dono … Per questo c’è vita “dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte”. (FT 87).

Dunque vivere da soli, o meglio vivere per sé è una via di morte. Nella nostra cultura popolare, che rischia di essere quella mentalità che condividiamo senza un minimo di criticità, ci sono una marea di proverbi che ci dicono il contrario: “Chi fa da sé fa per tre” …. “Non datemi consigli, so sbagliare da solo”. E ho travato questo particolarmente simpatico, anche se tragico: “Sant’arrangiati faceva miracoli anche mentre dormiva”.

NO. È proprio un’altra la prospettiva del vangelo che papa Francesco ci richiama. Il cammino della vita non deve condurci ad “imparare a fare da soli”, “ad arrangiarsi”, ma deve condurci ad imparare a vivere da fratelli. Imparare a vivere da fratelli è imparare ad amare. L’amore si impara. È un dinamismo, una forza che è dentro di noi, che è la carità che Dio infonde nei nostri cuori (Cfr FT 91). E si impara ad amare a piccoli passi. Piccoli ma concreti:

  • L’amore viene prima di tutto e amare è la nostra grandezza. Il valore di una persona non sta prima di tutto nelle idee che volentieri rischiamo di diventare ideologie; ma il valore di una persona è il fatto che ama (Cfr FT 92)
  • Mettere “l’attenzione sull’altro, considerandolo come un’unica cosa con sé stesso” (S, Tommaso citato in FT 93). “L’altro è un altro me” recita una canzone … e perciò mi è “caro”, lo considero di grande valore.
  • “L’amore all’altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita (FT 94)
  • Allargare ogni giorno, un pochino di più, la cerchia per arrivare “a quelli che spontaneamente non sento parte del mio mondo di interessi, benché siano vicino a me” (FT 97)
  • Essere attenti agli “esiliati occulti”; a quelli cioè che sono sempre più dimenticati, i trasparenti della nostra società, mi verrebbe da dire. Papa Francesco cita due categorie di persone: i disabili e gli anziani (Cfr FT 98). Papa Francesco qui non lo cita esplicitamente, ma in tante altre occasioni ha ricordato nell’angelus del 6 maggio 2018:
    •  “L’amore per gli altri non può essere riservato a momenti eccezionali, ma deve diventare la costante della nostra esistenza. Ecco perché siamo chiamati, per esempio, a custodire gli anziani come un tesoro prezioso e con amore, anche se creano problemi economici e disagi, ma dobbiamo custodirli. Ecco perché ai malati, anche se nell’ultimo stadio, dobbiamo dare tutta l’assistenza possibile. Ecco perché i nascituri vanno sempre accolti; ecco perché, in definitiva, la vita va sempre tutelata e amata dal concepimento al suo naturale tramonto. E questo è amore”.
    • E nel discorso ai diplomatici accreditati presso la santa sede del 2018:
    • “Purtroppo, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani, che vengono ‘scartati’ come fossero ‘cose non necessarie’. Ad esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce”.
  • Passare dall’essere soci, su questa terra, all’essere fratelli (Cfr FT 101-105). Il socio sta insieme a te perché ha degli interessi. Vivere da soci ci permette una certa uguaglianza, ma solo tra quelli che appartengono alla cerchia di quella società. Il fratello invece sta accanto a te sempre, non perché gli conviene, non perché ha degli interessi. Sta accanto a te anche in perdita. L’individualismo ci fa soci. L’amore ci fa fratelli.

Tutto questo forse ci può riassumere in una espressione: dare dignità al fratello. Questo è il primo fondamento di pensare e generare un mondo aperto.

E l’altro a cui ci richiama papa Francesco è la condivisione dei beni. Questo mondo è stato dato a tutti. Se ogni uomo ha la stessa dignità allora tutti hanno il diritto di vivere su questa terra con i beni che essa offre. La condivisione, la solidarietà non fanno altro che manifestare la “destinazione comune dei beni creati” (FT 119). “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno” scriveva San Giovanni Paolo II, che papa Francesco cita (FT 120). E questo ha delle conseguenze molto precise e pratiche nella vita privata come negli ordinamenti della vita sociale. Ne sottolineo uno tra i vari che Papa Francesco evidenzia: “Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società. Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica” (FT 120).

Certamente questo non vuol dire “anarchia” nel senso di “ognun per se e Dio per tutti”.. Vuol dire però avere delle gerarchie di valori. Vuol dire mettere i diritti fondamentali degli uomini e delle donne, di ogni uomo e di ogni donna al di sopra di tutti i diritti particolari: vuol dire che, per citare un altro dei principi fondamentali nei quali Papa Francesco in un certo senso riassume la dottrina sociale della Chiesa, illustrati nella Evangelii Gaudium: “Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi” (EG 235).

Maria non ha fatto “da sola”. Oggi la invochiamo come Madre della fraternità. Nelle icone della Pentecoste Maria viene posta al centro della comunità dei discepoli, in preghiera con loro. Maria è lì, in mezzo alla fraternità, a vivere la fraternità. Lei che ha avuto da Dio tanti doni, Lei che invochiamo come la tutta Santa, non si è posta su di un piedistallo; non ha tenuto per se; nel cuore della fraternità è rimasta come Madre perché tutti, nel vivere da fratelli sentissero di appartenere gli uni agli altri. Chiediamo a Dio, per sua intercessione, di vivere nella concordia e nella pace con ogni fratello e sorella e di condividere i doni, e di condividere noi stessi.

Maria, madre della fraternità, prega per noi.