I COLORI DELLO SPIRITO 2022

L’esperienza alla Verna è stata come un momento di pausa dalla vita di tutti i giorni e dal mondo che ci circonda: è stato bello vivere in un posto isolato, “esterno” da tutto.

Spesso eravamo solo noi, e anche al Santuario incontravamo al massimo i turisti e i frati e le suore che abitano lì, perciò era tutto molto tranquillo.

Abbiamo trascorso molti momenti come gruppo, che per noi sono stati davvero belli. Abbiamo condiviso molto di noi gli uni con gli altri, anche nel servizio che abbiamo svolto insieme per preparare la casa all’accoglienza di gruppi e pellegrini abbiamo trovato un’occasione per divertirci, parlare e conoscerci.

Abbiamo vissuto momenti di preghiera comunitaria e di silenzio e riflessione personali: momenti che sono serviti per scavare dentro di noi, per cercare un dialogo diretto con Dio e immergerci di più nella nostra fede e nel nostro cammino. Questo è più difficile nella vita di tutti i giorni, mentre alla Verna, abitando quasi un mondo a parte (ricco della bellezza di sorella natura e della spiritualità e ricchezza del santuario), risulta molto più semplice, facendoci anche aprire gli occhi su questioni che solitamente facciamo fatica ad affrontare.

I 4 giorni a La Verna (dal 22 al 25 aprile) hanno assolutamente superato ogni nostra aspettativa: abbiamo lavorato tanto, pregato tanto, riso tanto, vissuto tanto…

Abbiamo conosciuto persone fantastiche e ci siamo divertiti assieme.

In conclusione, l’esperienza ci ha arricchito molto e, con la speranza di portare questa ricchezza nel nostro quotidiano, non vediamo l’ora di ripeterla, rivedere volti ormai amici e conoscere persone nuove.

Chiara (21 anni, di Faenza) e Francesco (19 anni, di Villachiaviche)

CERCATORI DI BELLEZZA….A MONTETAURO

Sabato 19 marzo come gruppo diocesano giovani “Cercatori di bellezza” siamo partiti alla volta di Rimini, più precisamente Montetauro, da Cesena per visitare e conoscere una realtà particolare, con la P maiuscola, e a noi ancora ignota: la comunità della piccola famiglia dell’Assunta, in cui consacrate e consacrati hanno deciso di vivere insieme accogliendo e aiutando le persone più in difficoltà, come persone con disabilità più o meno grave e ragazzi con disturbi di vario genere, considerandoli figli come in una famiglia.

Appena arrivati e un po’ titubanti sul come avremmo trascorso la giornata, siamo stati accolti da tre consacrate che ci hanno raccontato il loro incontro e rapporto con Gesù e i motivi che le hanno spinte a scegliere questo stile di vita, come frutto della loro vocazione, e don Lanfranco, cappellano della comunità, che negli anni ’70 ha fatto parte di quel gruppo di giovani da cui “tutto ebbe inizio”, mossi da un solo perché: conoscere di più Gesù, pregarlo, adorarlo, vivendo tutti insieme nella stessa casa, inizialmente vecchia e trasandata che poi hanno fatto rifiorire. Questo mi ha stupito molto e suscitato ammirazione e un sentimento genuino di bellezza nel pensare a dei ragazzi con interessi e lavori diversi, che potevano “godersi la vita” senza pensare tanto agli altri e che invece hanno scelto di cercare di più, di vedere più in là, oltre.

Sorriso, Tenerezza, Stupore, Serenità, Sentirsi a casa sono solo alcune delle parole che, ricordando l’esperienza vissuta, mi giungono subito alla mente.

Abbiamo incontrato anche alcuni loro “figli”, tra i quali ricordo Silvano, un ragazzo che non parla ma sente e comprende tutto, e Graziano. Quest’ultimo ha dodici anni, è in sedie a rotelle, non vede se non la luce, non parla ma interagisce solo con versi, si rasserena quando è all’aria aperta. Mi è rimasta impressa una scena, che secondo me rappresenta appieno la Bellezza fraterna: una delle consacrate, che abbiamo conosciuto e che ha avuto il dono di avere questo bambino come “figlio”, per calmarlo in un momento in cui era agitato, gli sussurrava all’orecchio parole accarezzandogli la guancia con la propria con una tenerezza disarmante e un tale amore tale da farmi commuovere.

Il paesaggio collinare e il luogo stesso, molto ben curato, in cui questa comunità vive, il silenzio, l’armonia della natura circostante contribuiscono a far stare a loro agio le persone accolte, come lo siamo stati noi, e alimentano un senso ancora maggiore di spiritualità e Bellezza della Vita.

(Lucia, 22 anni, Case Finali di Cesena)

CONVIVENZA DONNE 2022

“Ecco io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5)

Prima di tutto, che cos’è la convivenza donne? Ogni anno, il seminario diocesano di Faenza apre le sue porte ad un gruppo di ragazze desiderose di vivere un’esperienza di vita comunitaria all’insegna della condivisione, della scoperta di sé e della propria vocazione. Quest’anno, dall’1 al 7 aprile, questa possibilità è stata offerta anche a noi: un gruppo di una ventina di ragazze che si sono conosciute e accompagnate nella quotidianità, affrontando il tema proposto dalle nostre guide: la pace.

L’urgenza di questo tema è sotto gli occhi di tutti: la pace deve essere la nostra priorità e dobbiamo sentirci personalmente coinvolti nel compito di esserne costruttori.

Nel riconoscere la nostra responsabilità e per andare a fondo è necessario fare un passo indietro e partire da un’altro punto di vista: il conflitto. Alcuni conflitti sono più evidenti di altri, ma ognuno di noi, ogni giorno, ne affronta di piccoli e di grandi, con le altre persone o dentro di sé. Così abbiamo iniziato scoprendo i conflitti: i nostri, quelli del mondo, da cosa nascono e a cosa ci portano, in un viaggio costruttivo attraverso il dialogo con gli altri e con Dio.

In questo viaggio siamo state accompagnate da tanti testimoni: alcuni che hanno affrontato il conflitto con azioni concrete, forzati dal periodo storico in cui si trovavano; altri che, per la professione che svolgono, quotidianamente tentano di aiutare il prossimo ad attraversare i suoi conflitti e a trovare un po’ di pace. Ma soprattutto, siamo state testimoni l’una per l’altra ognuna con le proprie sfide, mostrando, a volte con fatica, le nostre fragilità e accogliendo quelle delle nostre compagne in un rapporto di reciproco ascolto.

Non sono certo mancati momenti dedicati alla preghiera: infatti, pur riconoscendo la nostra responsabilità come costruttori di pace, abbiamo riconosciuto anche il nostro limite umano. Da soli non possiamo risolvere i conflitti nostri e del mondo, dobbiamo sapere di essere piccoli e affidarci ad un Altro che saprà avere cura di noi e del nostro prossimo. Ed è proprio in questa ottica che abbiamo cercato di vivere la preghiera: un’occasione di dialogo con un Dio che ci ama, ci ascolta e, se anche noi siamo disposti ad ascoltarlo, ci parla.

Ed è così dunque che abbiamo vissuto una settimana assieme a persone molto diverse da noi, per età e scelte di vita, ma con il desiderio comune di incontrare volti nuovi, ascoltare, e approfondire la fede attraverso la condivisione di fatiche e fragilità, che non si sono annullate come per magia, ma che hanno acquisito un senso nuovo.

Ringraziamo per averci guidate in questo percorso Suor Nadia, Alice, Michela e Don Mattia.

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COSTRUENDO IL GRATO PERCORSO

Imbastire pezzetti di vita, di storia, raccolti dalle fraternità di tutta la famiglia religiosa è stata occasione di scoperta di gesti, pensieri, sogni, parole di cui non mi sarei mai accorta, che ci rendono orgogliose, grate e stupite di essere parte di questa trama in cui Dio ci ha invitate a partecipare.

Fiducia e speranza sono i semi raccolti nell’entrare in questo lavoro di “riassunto storico umano”.

E’ evidente infatti che Dio opera nelle nostre piccolezze e povertà che quindi anche oggi non possono essere l’alibi per non spendersi con generosità. Tutt’altro!!!

Il mettere mano alla “storia” passata, vissuta delle nostre sorelle, in tempi non meno difficili della attuale pandemia, ci ha fatto bene ed in molti momenti le loro esperienze ci hanno proprio commosse.

Tante le risposte date alle fragilità che bussavano alla porta. Grazie all’apertura del cuore e alla fantasia dello spirito, le emergenze diventavano come fili per tessere un quotidiano fatto di carità e amore per il prossimo.

L’esempio poi di sr Benedetta e della fraternità di Firenze che non si sono fermate nemmeno davanti alle armi dei soldati, mi fa toccare con mano che la vita donata al Signore riceve quella forza che permette di affrontare anche i pericoli più spaventosi.

Con gratitudine rinnovata suor claudia e suor chiara