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Partire per realizzare un sogno…

Partire per realizzare un sogno…tornare con ancor più desideri e progetti.

50 giorni: 15 a Bogotà e 35 a Villavicencio.

Due realtà distinte da climi, culture e condizioni economico-sociali differenti, accomunate dall’ineguagliabile volontà di sorridere.

Ciò che mi ha colpito maggiormente di questa esperienza sono stati proprio i sorrisi dei bambini che conservo stampati nel cuore ricordandoli con uno sguardo emozionato perchè esprimevano quanto divertirsi fra loro ed essere felici valesse molto più di piangersi addosso per le difficoltà.

Insegnano ad essere felici e ringraziare Dio per quello che accolgono e che gli è stato donato, senza recriminare quanto non abbiano potuto ricevere e sentirsi inferiori, meno meritevoli o sfortunati.

I bambini sono stati i miei più saggi maestri durante quest’avventura: hanno saputo spiegare la lezione della felicità più concreta e basilare, ovvero la vera felicità nelle piccole cose di cui sempre parliamo ma finchè non tocchiamo con mano situazioni particolari, non comprendiamo fino in fondo.

Nelle calorose comunità sono stata ospitata da allegre suore, sempre cordiali e disponibili, energiche e intraprendenti. I rapporti sinceri instaurati fin da subito hanno saputo far divertire e farmi entrare a fondo nelle più toste realtà della zona.

Le visite alle famiglie nelle loro case rimediate con terra, sassi ed instabili pareti, in condizioni precarie senza acqua, gas e luce e con l’incertezza di riuscire a mangiare almeno una volta al giorno mi ha rabbrividito ma, al contempo, mi ha arricchito ammirare nei loro occhi la gioia di riconoscere quanto avessero come sufficiente. In particolare ricordo la testimonianza di Valentina, una ragazzina di appena 14 anni che a casa sua ci raccontava di vivere con la sua famiglia: madre, fratelli minori, fratelli e sorelle maggiori, figli, mariti e compagne dei fratelli maggiori, in totale 10 persone che si appoggiavano su tre letti, la casa non aveva altro che quei tre letti; la casa non ha acqua, gas e luce, per ricorrere all’acqua è necessario percorrere qualche chilometro ovviamente a piedi, è a rischio allagamenti nelle stagioni di pioggia, ci si accontenta di un pasto al giorno cucinato su un piccolo fornello a gas e di pochi metri, nemmeno quadrati, per riunirsi tutti insieme, ma Valentina ci raccontava di essere completa perchè la sua famiglia riempie la sua vita ed è lì, presente, perciò non c’è motivo per pensare di non essere felice.

Non mi è mancato niente durante la mia permanenza, mi sentivo al posto giusto nel momento giusto. Sette settimane sono state anch’esse il numero idoneo, con meno giorni probabilmente non avrei assaporato nel profondo l’esperienza e più giorni avrebbero potuto affievolire il desiderio di portarmi a casa la volontà di ripetere l’avventura un futuro, magari in un altro paese, per non sentirmi mai arrivata continuando a servire nella gratitudine.

Camminando sulla terra Santa di Gesù…

            Camminare per le strade della terra resa Santa da Gesù, è come camminare tra i riflessi e le ombre della propria fede. Dal 16 al 23 novembre un gruppo di 44 persone ha aderito alla proposta dell’Ufficio diocesano Pellegrinaggi che con esperienza e sapienza ha organizzato questo cammino. Le motivazioni personali che ci hanno spinte ad andare, erano le più differenti ma il cammino ha portato ad una conoscenza e avvicinamento che ha generato semi di bene in tutti.

In questi 8 giorni ci è stato insegnato come guardare e leggere le pietre ed i sassi, come ascoltare le persone nella diversità della loro appartenenza nazionale e religiosa, a cogliere e comprendere come la storia sia stratificata e composta da una umanità che, nel trascorrere dei secoli cerca il sacro e la trascendenza, ma che troppo spesso pensa di trovarli nel potere e nella forza.

Abbiamo sperimentato come per ogni luogo c’è una parola, la parola di Dio che lo rende vivo ed importante.

Meraviglia e stupisce la diversità ambientale e naturale incontrata, le montagne aspre della piccola Nazareth, la pace del lago di Tiberiade, la dolce Tabga, la vita silenziosa delle pietre “parlanti” di Cafarnao, la quiete orante del monte delle beatitudini, l’altitudine lungimirante del monte Tabor, la maestosità del deserto di Giuda, le solide mura dell’amicizia di Betania, le rocce e le grotte di Betlemme, la spoliazione del monte degli ulivi, la tanta pietra luminosa e l’altezza di Gerusalemme.

E le mura, i muri, i vicoli ed i misteri di Gerusalemme. Il mistero della vita e dell’amore di Gesù. Una vita offerta per il bene dell’uomo che nel frattempo è impegnato a vivere e sopravvivere.

Quella di Gesù, una vita spesa a camminare sulla terra per dire all’uomo che ben conosce il suo cuore con fatiche e desideri, con limiti e speranze. Gesù che si è “svuotato” e per 30 anni ha chiesto all’uomo di insegnargli ad essere uomo. Per 3 anni ha poi detto all’uomo il suo amore per l’umanità. Questo abbiamo incontrato dentro e fuori le mura di Gerusalemme, nella piccolezza del cenacolo e, con una particolare intensità, nelle prigioni della casa di Caifa, custodite nel santuario di S. Pietro in Gallicantu e nel particolare affresco della Basilica del Getsemani. Ci è stato fatto notare come una traduzione della parola getsemani possa essere anche “frantoio” che, unito all’immagine di Gesù disteso sulla pietra, meglio fa comprendere come Gesù si sia offerto, come frutto maturo, per la spremitura.

Una ulteriore esperienza capace di farci sentire per un momento il mistero della vita di Gesù in Gerusalemme è stato il ripercorrere la via dolorosa.

L’abbiamo ripercorsa nella preghiera della via crucis in una mattina qualsiasi passando tra i negozi, le bancarelle, vicino alle scuole, i bar, i ristoranti e le normali attività di una città. Avevamo una croce grande, cantavamo, stavamo in gruppo ed il nostro cammino nei diversi vicoli, stradine e piazzette è avvenuto nella piena indifferenza di tutti. Probabilmente, la stessa che ha reso più faticoso il cammino di Gesù.

Quanto è sembrata pesante e tagliente l’indifferenza che potrebbe aver stretto Gesù!

Ma Gerusalemme, è la città della Resurrezione e l’ultimo dono che ci ha consegnato è che la Basilica del Santo Sepolcro custodisce dentro di sé il Calvario e il sepolcro vuoto, e concretamente ci fa vedere che la crocifissione e morte avviene a pochi metri dal luogo della Resurrezione.

Il Calvario non è un luogo isolato; il sepolcro vuoto, la resurrezione non è distante.

Belli sono stati gli aiuti che la guida ci ha offerto per comprendere meglio il valore del nostro pellegrinaggio, importanti i momenti di preghiera guidati da don Firmen e don Patrick per approfondire la sequela di Gesù, significativo lo scambio che con il passare del tempo è andato crescendo nel gruppo e che ha sciolto silenzi, ha accorciato le distanze tra noi, e ci ha permesso di camminare insieme sapendo che i tempi e le necessità erano differenti e che in questa diversità ci si poteva incontrare, accogliere e sostenere. In diversi momenti l’incontro è avvenuto anche nella gioia, nel divertimento, nella semplicità generosa.

Ringraziamo la Diocesi di Cesena Sarsina, Luciano e Graziella Veneri, don Firmen e don Patrick per averci offerto questa bella possibilità di pellegrinare nella spiritualità e nell’archeologia, nella parola di Dio e nel cuore della nostra storia, per averci portati al centro della nostra fede: Gesù ed i fratelli.

I colori dello Spirito 2019

Mentre scendiamo dal monte della Verna qualcosa in noi cambia. Lo Spirito ha davvero la capacità di ravvivare i colori delle nostre vite.
La salita al monte per molti di noi è animata dal desiderio di trovare qualche risposta ai dubbi che ci inquietano. Ma non sempre si trovano le risposte, talvolta anzi si torna a casa con più domande di prima. Non per questo dobbiamo spaventarci. Scrive infatti Papa Francesco nell’esortazione apostolica Christus vivit : “(…) Questa sana inquietudine, che si risveglia soprattutto nella giovinezza, rimane la caratteristica di ogni cuore che si mantiene giovane, disponibile, aperto. La vera pace interiore convive con questa insoddisfazione profonda”.
L’animo umano infatti è inquieto finché non trova Dio e quello dei giovani ancora di più!! Stiamo infatti costruendo gradualmente un progetto di vita per mezzo di tentativi, di sperimentazioni, di slanci pieni d’entusismo e di retromarce sofferte!! Gesù Risorto ci chiama a prendere il largo senza restare ancorati alle comodità, ad amare senza troppi calcoli umani, ad uscire da noi stessi, ad accettare l’errore e il cambiamento. Questa è la cifra del nostro essere giovani: non una caratteristica anagrafica, ma un atteggiamento del cuore e un compito per noi stessi e per la società!
In questi giorni, guidati dalla preziosa presenza di suor Ornella, suor Nadia, suor Chiara F., suor Serena e frate Michele, abbiamo sperimentato la bellezza della condivisione nella preghiera, nel servizio, nel gioco, nello scambio reciproco che è sempre un grande dono. Tornando alle nostre case, non possiamo non chiederci “cosa faremo domani?”. Di certo non staremo fermi, continueremo a muovere i nostri passi nel cammino della vita. Cercheremo di ascoltare il nostro cuore e lo Spirito che dimora in noi, sempre alla ricerca di Lui. “L’amore di Dio infatti ci sprona e ci stimola, proiettandoci verso una vita migliore e più bella” e dobbiamo “perseverare sulla strada dei sogni (…). I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta”, scrive sempre papa Francesco.
Anche se torniamo a casa con una più forte “inquietudine”, il nostro cuore “ha fatto il pieno” di speranza. Perché Cristo è amore, Egli vive e ci salva. Meditando queste tre certezze, ci sentiamo presi per mano e incoraggiati nel compiere le scelte importanti che delineano il nostro futuro, pensato come risposta ad una chiamata, non come autocreazione del sé. Ritrovare nella parole del papa e in quelle degli amici che hanno condiviso con noi questo percorso, le nostre stesse preoccupazioni, ma anche la nostra stessa carica, ci ha fatto sentire inanzitutto intimamente compresi, poi importanti e mai soli.
Grazie di cuore a Dio, alle nostre guide e a tutti noi.

Sara, Chiara F. e Sara