“…ero in Carcere e siete venuti a trovarmi”: la testimonianza di sr Loretana

“…ero in Carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt,25,36b)

Queste Parole di Gesù, hanno echeggiato sempre nel mio cuore,…

Ebbi l’occasione di entrare in carcere, per una volta, nel vecchio carcere di Cesena, poi in quello di Chieti e di Forlì. Furono esperienze brevi, ma indelebili!

Nel 2015, “Anno della Misericordia” avvertii l’urgenza di donare più attenzione e più tempo a ”Visitare i Carcerati!”… oltre ai Poveri e agli esclusi delle periferie, Opere di Misericordia, tanto vive e raccomandate da Papa Francesco.  Per me, i Prigionieri erano ancora più estranei degli stessi Migranti che bussano spesso alle nostre porte. Decidermi per incontrarli, voleva dire bussare alla porta del Carcere e, fare  io stessa, la domanda di poter entrare e parlare con loro. Fui accompagnata da Don Roberto, Cappellano del Carcere Rebibbia e, responsabile dei Cappellani e delle Religiose che operano nel luogo. Mi fu guida in tutti i sensi e passaggi obbligati, per poter transitare, ogni volta, la porta blindata del Carcere e raggiungere il centro dei vari ingressi dei reparti: cinque larghi cancelli con cinque lunghi corridoi, simili a strade a senso unico.        Ero emozionata, ma decisa…, di dover rispondere ad un invito del Signore.

Come primo giorno, fui mandata con Don Antonio, un Cappellano del carcere, per una Celebrazione Liturgica. Camminando verso la Cappella, il Sacerdote mi disse che andavamo nel reparto G.12, quello dei criminali… Mi suggerì di non pensare mai al reato che ciascuno poteva aver commesso, ma di guardare ognuno come li guarda Gesù e di accoglierli, come fratelli da amare…. Arrivarono in Cappella, tanti detenuti silenziosi e ordinati. Salutarono cortesemente il Prete e me sconosciuta, come se mi aspettassero, come un dono, perché ero andata alla loro Messa. Non mi fu difficile guardarli, sentirli fratelli ed esprimere amicizia.

Fu una messa speciale e partecipata: tutti pregavano, rispondevano, ascoltavano, riflettevano, si alzavano, si inginocchiavano…come la Liturgia richiede.

Il primo colloquio in carcere fu con Andrea, 21 anni, proveniente dal carcere di Camerino. Arrivò nella stanzetta, dove io l’aspettavo, piuttosto emozionato, nervoso, angosciato…Guardava per terra e non parlava… Lo salutai delicatamente, mi feci vicina stringendogli le mani fredde e tremanti e mi presentai…. Quando sentii che ero nativa del Comune di Matelica, alzò lo guardò, si incoraggiò e mi chiese: Come mai hai pensato a me? Io aspettavo qualcuno che mi chiamasse per poter parlare…e tu sei venuta….chi ti ha mandato?…

Andrea stava vivendo l’esperienza punitiva dell’isolamento e lo sciopero della fame, per farla finita…

Iniziò a parlarmi della paura del terremoto, che visse chiuso in cella, dell’angoscia per la sua famiglia, perché non aveva avuto ancora nessuna notizia, del viaggio notturno che lo portò al Rebibbia, della sua profonda sofferenza e delle sue ultime decisioni…  L’ascoltai per tutto il tempo che aveva bisogno di parlare,….teneva a memoria solo il numero cellulare della mamma, per permettermi di poterla poi chiamare e avere notizie. Infine Andrea mi abbracciò forte e chiese: Quando torni a portarmi le notizie di mamma? Ci scambiammo gli impegni…  Con Andrea ho conosciuti i nomi e i volti di tanti altri detenuti, con storie diverse, ma somiglianti nella sofferenza e nel bisogno di essere chiamati, accolti, ascoltati e desiderosi di avere notizie delle famiglie.

Nel tempo in cui ascolto e parlo con un Detenuto non mi interessa sapere che cosa ha fatto, perché è finito qui; non è questo il mio compito…lo lascio a chi è di dovere. Io l’ascolto come Persona: sono lì impegnata, più ad accogliere e a prestare attenzione, che a parlare.     E’di questo che hanno bisogno !…

Sono tanti i Detenuti, sono tanti coloro che fanno domanda per un colloquio con una volontaria, sono tanti i loro bisogni materiali e spirituali… due giorni alla settimana, per me, è ben poco, è come una goccia d’acqua nel mare!… Per ogni Volontario è sempre troppo poco, pur sempre tanto necessario…

Più i giorni, le settimane, i mesi passano, più sento l’urgenza di non mollare mai, di fronte al poco tempo materiale, alla fatica, al freddo, al caldo,…. E’ poco quello che mi è permesso fare per i detenuti, ma ci sono per ascoltare, amare, portare Speranza, Pregare insieme….questi sono i compiti propri del Volontario e di questo ne hanno tutti sempre tanto bisogno.

Cerco di essere quella mano tesa che porta l’Amore, la Speranza e la Misericordia di Gesù, quella voce che condivide e unisce il Detenuto con la propria famiglia per sollevarli dalle loro solitudini, sofferenze, disperazioni….

Al Carcere Rebibbia ho incontrati tanti Detenuti dai 19 ai 60 anni circa, italiani, stranieri, cristiani, ortodossi , musulmani …. ho accolto e ascoltato ciascuno come un fratello, che ha sbagliato, alcuni forse alla grande, altri meno…altri ancora… forse sono innocenti…I primi riconoscono i loro sbagli, si vergognano, sono pentiti e consapevoli che stanno pagando il male fatto. Quelli che pensano di essere innocenti, aspettano la giustizia, la verità, la libertà…Molti vivono con ansia, perché non sanno nulla dei propri cari, dei propri ammalati, sono preoccupati per i loro figli, per il loro lavoro, per il loro avvenire… Se non vengono chiamati, ascoltati, accompagnati, incoraggiati, consolati… perdono la Speranza di riacquistare la libertà,perché non si sentono capiti, nè rispettati come persone….,… cresce in loro il nervosismo, la disperazione, la sete di vendetta….

Molti ancora soffrono per solitudine, per mancanza di denaro, di indumenti intimi e per proteggersi dal freddo, per mancanza di cure indispensabili, di avvocati solleciti ed onesti…tutto ciò perché molti non hanno né famiglia, nè parenti vicini… pertanto non ricevono visite, si sentono abbandonati, numeri, insignificanti…

A volte qualcuno pensa di scrivere una lettera per iniziare una relazione, per il desiderio che qualcuno si ricordi di loro, lo possa ascoltare e gli possa rispondere, ma…sembra strano a noi liberi: molti detenuti mancano anche di una penna per scrivere, di un foglio, di una busta con francobollo, spesso anche della memoria per ricordare un solo indirizzo di una persona cara. Tanti desiderano ricevere uno scritto da un familiare, da un amico… di condividere con persone amiche! Sono consapevoli, che il volontario può fare poco per loro, ma aspettano da noi di essere accolti, ascoltati e vicini per condividere il loro malessere, i loro bisogni materiali e spirituali, per Pregare e per leggere la Parola di Dio insieme a loro, per ascoltare una buona parola, per ricevere un consiglio, una corona, un libro, …  Ogni volta mi aspettano con tanta pazienza, si preoccupano se per un po’ di giorni non mi vedono arrivare, mi chiedono incessantemente di non dimenticarli… La visita del Volontario è sempre attesa; per loro è un segno di amore, di vicinanza, di speranza per condividere le loro attese…

I Detenuti in Carcere non cessano di essere uomini come noi, non cessano di essere Figli di Dio, non cessano di far parte di una Famiglia, di una Parrocchia, di una Diocesi… della Chiesa Universale. Dimenticare i loro nomi, le loro presenze, significa mutilare il Corpo di Cristo di alcune sue membra malate, come lo siamo noi.

Il Carcere è veramente il luogo dove i reclusi fanno esperienza di violento isolamento, di rinunce continue, di pazienza certosina, di lunghe attese…nonchè di condivisione fra i compagni di cella, di ricerca di Dio e di significato per dare vero senso alla loro vita futura…

Incontrare, ascoltare, pregare, seguire, entrare nella vita del Detenuto, sono esperienze forti di partecipazione, di compassione, di consapevolezza che sono “fratelli che mi appartengono”

Ogni volta che torno in carcere, sono motivata e sicura di camminare in Compagnia di Gesù per rispondere ad un suo invito “và e sii strumento del mio Amore e della mia Misericordia” (cfr:Ger 1,7-9)

”Ti basta la mia Grazia. La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Corinti 12,9)

Dopo ore di colloqui in Carcere, torno in Comunità stanca, ma più ricca di umanità, di Misericordia, di consapevolezza delle mie fragilità di fronte a situazioni umanamente impossibili da risolvere.

Sento più forte la necessità di Pregare per quanti ho incontrato nella sofferenza e di offrire le mie fatiche quotidiane, che messe a confronto con chi vive dietro le sbarre, sono sempre insignificanti.

Attingo il coraggio necessario nella fede, nella Preghiera, nella presenza di Gesù vivo, sempre vicino che mi ripete: “vai, non avere paura! Io sono sempre con te!”(Mt28,19-20)